E’ “Synonyms” di Nadav Lapid il film vincitore della 69° edizione della Berlinale.






Di Riccardo Bramante

Contro ogni previsione della vigilia si è chiusa con la vittoria del film franco-tedesco-israeliano “Synonyms” del regista Nadav Lapid e con protagonista un introverso Tom Mercier.

Il film, a cui è andato l’ambito Orso d’Oro, racconta la storia di un ragazzo che fugge dalla propria patria per dimenticare di essere israeliano ma con una “israelianità” che gli sfugge da ogni parte in un umorismo surreale e a tratti geniale anche se con alcune lungaggini che ne interrompono il ritmo per cui il film stesso rischia di essere amato più per l’idea che c’è dietro piuttosto che per quello che dimostra.

L’Orso d’Argento è, invece, andato a quello che sembrava il favorito della vigilia “By the Grace of God” del regista francese Francois Ozon che approfondisce il tema purtroppo di attualità della pedofilia all’interno della Chiesa. A sorpresa il primo premio per la migliore regia è, poi, andato alla serba Angela Shanelec per il film “I was atHome.But”. I premi della Giuria per il miglior attore e la migliore attrice sono andati a Yung Mei e Wang Jing Chun i due protagonisti del film cinese “So long, my Son” del regista Wang Xiao Shinai. Il  successo della cinematografia orientale è stato completato dalla vittoria nel Grand Prix della “Generation Kplus” del corto “A first Farewell” del cinese Wang Li Na che ha messo a nudo i problemi della minoranza Uigura in Cina, mentre una menzione speciale è andata a “We are little Zombies” del giapponese Makoto Nagahisa e a “House of Hummingbird” del coreano Kim Bo Ra insieme a “Bulbal Can Sing” dell’indiano Rima Das. Partita con grandi speranze, la cinematografia italiana è stata, comunque, premiata con l’Orso d’Argento per la sceneggiatura del film di Claudio Giovannesi “La paranza dei bambini” scritta in collaborazione con Maurizio Barucci e lo stesso Roberto Saviano autore del libro da cui è stato tratto il film che sarà prossimamente sugli schermi italiani e che ripercorre, con modalità certamente diverse dalla fortunata serie “Gomorra”, la storia di una baby-mafia di ragazzi quindicenni di un quartiere povero di Napoli attraverso un viaggio emotivo tra scooter e palloncini, pistole e dolcetti che si ritrovano fin troppo presto educati alla morte in un evidente gioco di parole sul termine “paranza” che indica sia il nome di quei pesci piccoli che vengono pescati, sia il nome dei gruppi armati camorristi. Questa edizione della Berlinale si è, infine, chiusa con il ricordo dell’attore svizzero Bruno Ganz, protagonista tra tanti film di “Il cielo sopra Berlino” e “La caduta” e con l’addio dopo 18 anni dello storico direttore della kermesse, Dieter Kosslich che ha contribuito, tra polemiche e discussi verdetti, all’ininterrotto e crescente successo della manifestazione che ha fatto registrare ben 200.000 biglietti venduti in quest’ultima edizione.

Articolo di Riccardo Bramante






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