Intervista ad Adriana Soares e “La piega del Tempo”. di Nicola Manzo



Adriana Soares e “La piega del Tempo”.

Il suo costante esercizio della nostalgia in cerca dell’Epifania.

Dieci racconti per sognatori che attendono la propria rivelazione: la Felicità.

Adriana Soares è nata a Rio de Janeiro, vive a Roma dall’età di 11 anni, dove è cresciuta ed ha concluso gli  studi linguistici. Artista eclettica che si esprime nelle diverse arti della fotografia, della pittura, della poesia e della scrittura.  è permanentemente esposta presso musei con le sue opere che hanno girato il mondo in svariate mostre di successo. è pubblicista e cura rubriche di Bon Ton su alcune testate e su Aob Magazine. Rappresentata dalla prestigiosa agenzia fotografica “Art and Commerce/ Vogue” di New York. È stata scelta da Vogue Giappone per esporre a Tokyo presso il Tokyo Midtown design Touch. Dal 2017 pubblica le sue prime raccolte di poesie, storie, leggende brasiliane e racconti per bambini. Dal 2019, l'autrice inizia una nuova stagione narrativa con la pubblicazione di racconti per i più grandi e già è in uscita il suo primo romanzo, un thriller psicologico. La Soares, alla sua ottava pubblicazione editoriale, conferma un’altra volta ancora di essere pronta a vette sempre più alte. Le parole di Adriana Soares sono come le sue tele o le sue fotografie: intense e profonde. Racchiude nelle sue tele una narrazione per immagini che rappresenta la cronologia di una vita attraverso volti e occhi di donne ritratte in una dimensione onirica. Scorci di metropoli si alternano ad atmosfere naturali per arrivare ad uno stadio surreale, che incarna il codice visionario dell’artista. Le emozioni sono reali, cariche di fragilità e sensualità, ma il figurativismo che le traccia è la custodia astratta di un concetto legato a “questioni dell’anima”, che poco hanno a che fare con la dimensione immanente. Ora, “nel suo continuo esercizio della nostalgia”, come lei stessa afferma, tramite i suoi scritti, a metà tra inconscio e conscio, attinge a misteriose energie, che trasmettono qualcosa della vita, della morte e della stessa corporeità: il respiro e il pulsare del sangue. Le parole di questa Circe sembrano zampillare da una fonte nascosta, non sono state ancora sottomesse alla coerenza del pensiero, ma restano il più delle volte segregate nel profondo sentire e nelle trame del tempo. La Soares non assomiglia a nessuno, nemmeno a se stessa, considerando le sue prime sette pubblicazioni antecedenti. Si può dire che è un’artisti capace di alzare sempre l’asticella tra un esperimento e l’altro. I suoi primi dieci racconti per “grandi” raccolti nella sua ottava pubblicazione “La piega del tempo”, sono una specie di trappola, un misterioso congegno seduttivo pregno di desiderio e di umanità. I suoi libri palpitano come un cuore e questo ritmo è il senso profondo dell’esistenza che esalta il pensiero, la coscienza e i vizi umani. La Soares nei suoi scritti urla, grida tutto quello che usualmente si tace, i cui silenzi diventano complici e dunque, colpevoli. Si ha la sensazione di avere davanti un autore quasi inaccessibile, al quale dobbiamo ritornare diverse volte per ottenere una comprensione più completa della sua personalità sensibile, inquieta e angosciata dal fatto di non sapere il perché viva. Nei suoi scritti ricorre proprio questo continuo dubbio. Si finisce per camminare sul filo del rasoio. E questo è il suo modo di vedere il mondo. È soprattutto il non aver timore delle parole, quelle che esprimono l’ira e i  segreti più nascosti che risiedono dentro ai suoi personaggi tremendamente reali. Delinea i tratti in modo chiaro e spigoloso delle personalità di coloro che incrocia per strada, che in un gesto ci rivelano la loro vita senza che se ne accorgano. L’opera di Adriana Soares non è timore o dubbio, è passione, è vita nuda e cruda.

La si deve leggere per la vita, non per come le sue parole si susseguono.

Mi incuriosisce il fatto che una pittrice e fotografa, pur cercando di assecondare la contemporaneità non abbia rinunciato alla ricerca del giusto, dell’estetica e del bello?

Se è vero che la bellezza è una promessa di felicità come afferma Flaubert, io cerco di attuare questa ricerca, mettendola in pratica senza restare con le mani in mano. Perché ciò che scrivo in modo così diretto è l’unica via che conosco per trovare la verità seppur dolente, seppur cruda. La vita è com’è e c’è del bello in ogni cosa.

Fin’ora ha scritto poesie, pensieri e racconti per bambini. Ora, alla sua ottava pubblicazione ci stupisce con dieci racconti taglienti, crudi a volte crudeli. Non offre il fianco e speranza a coloro che apaticamente subiscono o infliggono sofferenza col loro egoismo o egocentrismo. Sono lontani anni luce dai suoi ultimi libri per bambini: “ Come sono nate la luna e le stelle”. “Il paradiso terrestre”, “Il passerotto, il pesce e il mistero del Bianconiglio pensante”. Come mai? Vi è stato qualche fatto scatenante?

No. Assolutamente. Se legge bene le mie poesie, storie e racconti per bambini, troverà uno sfondo morale, critiche alla società e agli esseri umani, metafore e allegorie. Troverà inoltre un disperato desiderio di ricerca dell’Epifania, la rivelazione di qualcosa o fatto che ci offrirà la tanto agognata felicità, una felicità universale che nulla toglie all’altro ma che dona. In fondo non siamo numeri primi. Si cerca il conforto, la compagnia, siamo animali sociali. La solitudine non potrà mai produrre nulla di buono. Dico la solitudine morale che sfocia in egoismo.

Parla più volte di Epifania. Cosa intende?

L’Epifania vuol dire rivelazione. Non le è mai capitato di provare felicità, piacere in quell’esatto momento in cui scopre o le viene rivelato qualcosa. In quel momento si alzano in volo migliaia di farfalle dentro di te portandoti all’estasi, aprendoti un gran sorriso. E ti ritrovi in un non luogo stupito per qualcosa che non puoi spiegare. Ecco, quello per me è la felicità. Quindi magia, stupore e beatitudine. Per un attimo non sarai carne, ossa o sangue, ma magia e bellezza.

Perché la scelta “La piega del Tempo” come titolo?

Il tempo è un fluire orizzontale inesorabile senza inizio e senza fine. è atavico il tentativo dell’uomo di congelarlo o per lo meno sospenderne l’incedere. L’uomo vive dentro al tempo e l’unico modo che possiede per rallentarlo è la sua memoria che fotografa l’istante immortalandolo. O è il tempo che è dentro di noi? è cosi che il tempo nel suo scorrere si flette generando una piega, un’ illusione di immortalità, un anelito verso l’infinito.

Inizia il libro con un racconto che alla fine ci toglie il respiro e ci lascia un amaro in bocca: “Una pura formalità”. Qui condanna un uomo alla dannazione. Perché mai questa ferocia?

Non credo possa essere definita tale, dal mio punto di vista è una constatazione. Cerco di offrire al lettore delle informazioni e alla fine sarà il lettore stesso a dare un giudizio.  Non cerco di convincerlo che il protagonista sia una figura positiva o no. Non vorrei svelare nulla, posso solo dire che le azioni e le parole ci determinano e ci caratterizzano. Ogni azione scaturisce una conseguenza anche estrema: ha un prezzo.

Mi ha sorpreso il racconto in cui la signora di 80 anni, sentendosi sopraffatta dal desiderio sente la necessità di chiedere aiuto ad un medico. Come mai ha avuto la spinta di toccare un argomento considerato quasi un tabù?

Ogni cosa potrebbe essere vista sotto varie prospettive o angolazioni. Il vero peccato sarebbe quello di ignorare ciò che è naturale. Io non sopporto le ipocrisie e per questo tratto vari temi considerati dei tabù. Il non voler vedere non implica il non esistere. Il sesso fa parte della vita. È una cosa naturale.

“La fuga”. È un racconto autobiografico?

Questa è una domanda che nasconde un giudizio. Le posso dire finalmente di essere una scrittrice e come tale tengo gli occhi ben aperti, sento, assaporo e annoto ciò che mi colpisce ed, in seguito, li racconto a modo mio. Cerco di trattare ogni caratteristica, problematicità sia morale sia sociale e, perché no, esistenziale dell’essere umano. Cerco… Non vorrei sembrare arrogante o al di sopra di ogni giudizio additando le malefatte della gente o le loro debolezze. Ma cerco di guardare senza filtri e di conseguenza raccontare delle storie in fondo universali. Tornando a questo racconto, per certi versi terribili, perché è terribile la sensazione di impotenza e dell’auto incarcerazione. Viviamo nel 2019 e ancora troviamo donne dipendenti e non libere. Schiavizzate dall’abitudine e dal proprio sommesso opportunismo o dalla loro ignavia. Donne che sperano e che non fanno.

Il racconto la “festa di compleanno” mi ha molto colpito e l’ho molto ammirata non per la ricerca del bello ma, invece, è tagliente, realista e duro. Perché ha scelto di trattare proprio quest’aspetto della famiglia?

Come dicevo, non cerco la bellezza o il benestare dei ben pensanti. Io racconto ciò che è, senza fronzoli o mezze parole. Non è vero che la famiglia sia il luogo più sicuro al mondo. Molte volte è l’ambiente più tossico che ci sia e bisognerebbe avere il coraggio di lasciarla alle spalle. Critico in modo tagliente l’ipocrisia. Ho immaginato e ho cercato ed infine ho trovato in questo racconto il modo di svelare cose che accadono spesso, ma che in fondo non si ha la forza di vedere o realizzare. Racconto la solitudine dolorosa di un’anziana. Una donna che non è stata capace di amare o di stringere legami con i propri figli, un rapporto scollegato da se. Così che alla fine della sua esistenza si troverà sola in una stanza colma di familiari e finti amici che fingono attenzione e amore. Una festa che sarà un compleanno e un funerale al medesimo tempo. Capisco che possa sembrare crudele e tagliente, in effetti taglio la carne e l’anima, le smembro e ve le mostro per quello che sono, il loro lato oscuro.

Mio padre, il mare e me” un ricordo tenero e con il solito sapore malinconico. Il ricordo di un momento che non potrà più tornare?

Mi hanno detto che sono proustiana. Ecco qui, in effetti, mi sento vicina al racconto della “madeleine”. I ricordi ci rendono ciò che siamo e molte volte ci donano quell’umanità miracolosa e bella e buona di cui siamo fatti. I ricordi possono essere anche monito o fonte di angoscia o tristezza, ma molte volte di grande gioia e ci definiscono.

Concludendo, dopo questi racconti impegnativi, ce ne sono altri con altre tematiche trattate, quali la crisi adolescenziale e la loro solitudine e la paura del futuro, sono tutti un monito, poiché il tempo è breve e le nostre scelte implicano delle conseguenze a volte irrimediabili. Racconti strettamente legati alla psicologia. Insomma, cosa si aspetta per il prossimo futuro?

Sto ultimando il mio primo romanzo a sfondo psicologico. Un thriller psicologico. Una grande sfida che mi ha assorbito interamente. Ambientato nel nordest del Brasile. Lontano dai soliti cliché. Cerco il legame primitivo con la terra e le cose semplici ma anche qui i vari personaggi vivono, anzi sopravvivono come numeri primi. La fuga di un uomo di cultura e tormentato da se stesso e forse dalla sua coscienza. Cerca di scappare dall’omicidio che ha commesso. Cerca la redenzione e la salvezza e lo farà tramite la ricerca dell’apprezzamento e la riscoperta delle piccole cose.

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