Successo per la prima mondiale, in concorso al Biografilm Fest di Bologna,
di “Non sono mai tornata indietro”

Ottima accoglienza, ieri sera, per il documentario “Non sono mai tornata indietro”, opera prima di Silvana Costa, proposta, in prima mondiale, in concorso al Biografilm festival di Bologna. Successo, dunque, per la proiezione e per l’incontro, cui hanno preso parte la regista, la co-sceneggiatrice Chiara Nano, il produttore Federico Schiavi, insieme a Teresa Rossi, dell’associazione Orlando, e alla moderatrice Maria Agostinelli.

Da sinistra, Schiavi, Nano, Costa, Rossi, Agostinelli 


Il film, prodotto da Nacne, in collaborazione con Home Movies – Archivio nazionale del cinema di famiglia, con il supporto della Fondazione Calabria Film Commission e del M.I.C., è interamente realizzato da donne, per una storia che ha per protagonista la vita di una donna, Iolanda Pascale.
Iolanda è una delle ultime testimoni di un’usanza arcaica e impietosa: la cessione di bambine provenienti da famiglie contadine povere a famiglie benestanti, affinché venissero vestite e sfamate in cambio del loro lavoro in casa o in campagna.

La protagonista era la ragazza che ha lavorato per 36 anni a servizio per la famiglia della regista, prima di fuggire in Canada. Era una persona di famiglia, ma con un ruolo subalterno, un ruolo liminare che oscillava tra l’amore e l’odio, tra ribellione e accettazione. In un viaggio a ritroso nel tempo, Silvana Costa ricostruisce, insieme alla sua vecchia tata, il lungo percorso fisico e ideale che le ha separate per più di 30 anni.

Federico Schiavi-Chiara Nano-Silvana Costa


Una storia che ha colpito, dunque, il pubblico presente alla prima, che si è mostrato affascinato dalla forza della protagonista nella sua personale lotta per l’autodeterminazione.
“Quando sono nata, accanto ai miei genitori e ai miei nonni, c’era Iolanda, la mia tata. O come dicevo da bambina, la mia seconda mamma”, dichiara la regista. “In realtà lei viveva con mia nonna: era arrivata a casa sua a nove anni accompagnata dalla madre e da lì non se n’era più andata. All’epoca era una consuetudine vedere il parroco del paese cercare sistemazioni alternative per bambine che vivevano in condizioni di indigenza e di degrado fisico e culturale. Ed era altrettanto normale considerare queste bambine, e poi donne, come vite cedute una volta per tutte. Era un dato di fatto su cui nessuno si interrogava: né chi la subiva, né chi ne usufruiva, in un’epoca in cui tuttavia questi antichi retaggi feudali si consideravano ormai estinti. Si trattava di bambine sole che molto spesso avevano come unica via di fuga il matrimonio o l’emigrazione verso il nord o all’estero. Iolanda è rimasta aggrappata alla nostra famiglia – l’unica certezza che aveva – fino al 1992, poi ha concesso al proprio disagio o alla propria razionalità di affiorare e di prendere il loro spazio, aprendo pian piano gli occhi sulla propria condizione”.


“Quando penso a Iolanda – aggiunge Silvana Costa – vedo una donna che è al tempo stesso mamma e figlia. Vedo noi due trent’anni fa, quando io ero piccola: le cose che mi ha insegnato e gli aspetti caratteriali che mi ha trasmesso. Nello stesso momento vedo una bambina entusiasta della vita, pura e vulnerabile. Vedo anche una donna testarda e fiera di sé, capace di rimettersi in piedi dopo ogni caduta”.
“Iolanda – conclude la regista – per me è un esempio di determinazione, di coraggio e di sana, incontenibile affermazione della propria dignità”.
Il film, dopo la presentazione al Biografilm, sarà disponibile anche sulla piattaforma di MYmovies, dal 14 al 17 giugno.

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