“L’isola dei ricordi”: il romanzo della memoria dello scrittore lucano, Massimo Pallottino

“L’isola dei ricordi”: il romanzo della memoria dello scrittore lucano, Massimo Pallottino

“L’isola di Lefkada che mi stringe il cuore, il divorante rimorso di aver abbandonato la terra natia e i miei più preziosi ricordi…”.

Inizia così il primo romanzo “memorialista” per le Pequod edizioni di Massimo Pallottino, scrittore lucano che alla soglia dei suoi sessant’anni vira decisamente strada, passando dal genere giallo dei suoi primi tre libri (Io aspetto nel buio, Un rebus per uccidere Nell’anno della sindrome di Rhee) al mémoir, conservando tuttavia lo stile di una scrittura introspettiva e coinvolgente che punta a creare empatia con i suoi lettori.

Un obiettivo che questo libro breve coglie pienamente, intanto perché rende la protagonista, Sofia, l’autrice del suo racconto in prima persona perfettamente in linea con le atmosfere del racconto.

La storia di Sofia e della sua isola, infatti, è più che una semplice narrazione di una giovane ragazza greca che compiuti i 18 anni, all’alba di una mattina dei primi di luglio abbandona di nascosto i familiari e il suo fidanzato e promesso sposo per fuggire in Italia con Lorenzo, uno skipper che vive spesso lontano da casa per via delle sue regate veliche.

Piuttosto è la narrazione di concetti più ampi: la necessità di tracciare confini tra un dentro (l’isola, il nido, la terra natia) e un fuori, tra il limite (un destino disegnato a priori) e l’illimitato (un percorso da definire giorno per giorno). E, ancora, il valore dei ricordi e del passato, brutto o bello che sia, come elementi che contribuiscono a definire ciò che siamo e da dove veniamo.

Sono i ricordi – scrive Pallottino facendo parlare la sua “eroina”- a tenere intatta la materia prima di ciò che è stato, proprio dei ricordi è il potere di catturare la delicatezza di uno sguardo o la luce di un sorriso affinché restino nel tempo quello sguardo o quel sorriso…”.

Un libro per la memoria, dunque, che spinge i lettori a una ricerca intensa delle proprie radici, così come Sofia si rende conto di dover fare, una volta finita la storia con lo skipper italiano da cui ha avuto un figlio,Yannis, a cui ha dato lo stesso nome del suo fidanzato lasciato a Lefkada. Tornare a casa significa per lei, come per ciascuno di noi, trasformare quel ricordo nostalgico, quel rimorso che l’attanaglia, nella pura emozione di fare un passo indietro, nella piccola ma rassicurante isola del Mar Ionio, collegata alla terraferma da un lembo di strada sterrata, dove poter ritrovare gli amici della prima giovinezza, dove conoscere persone affascinanti e mettere le basi per dare inizio a una nuova vita. 

Corsi e ricorsi, verrebbe da pensare ed è, in fondo, proprio così.

In questo romanzo, in cui si ripetono incessanti “I ti ricordi?”, si possono trovare rimandi letterari, poetici (Verlain in particolare con le sue rime intrise di amore e nostalgia), ma soprattutto di vita vissuta: in una sorta di scrittura della “rimembranza”, Pallottino che ha svolto gli studi accademici presso l’Istituto Superiore di Comunicazione a Roma per poi dedicarsi completamente alla letteratura tornando in Basilicata, presta la sua penna (un pò come Leopardi ai suoi versi) alla nostalgia, al romanticismo di un passato, sempre presente, che fatica a lasciare il posto al futuro. Anzi che ne diventa protagonista assoluto, pur nel qui e ora

Un libro da leggere come in una sorta di seduta di ipnosi regressiva (a cui lo stesso autore si è realmente sottoposto): la lettura diventa motivo per tornare indietro nel tempo, per recuperare contenuti assimilabili a esistenze pregresse, nelle quali si possono ricercare le radici simboliche dei possibili conflitti che ogni individuo può vivere nel momento presente.

Un romanzo tra immaginazione (quella indispensabile per ogni scrittore che si rispetti) e realtà, intesa come fatti realmente accaduti, che si avvicina più di quanto si possa immaginare all’autobiografia, ovvero a quel racconto retrospettivo in prosa, definito dal critico letterario francese Philippe Lejeune “che un individuo reale fa della propria esistenza, quando mette l’accento sulla sua vita individuale, in particolare sulla storia della propria personalità”.

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